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CHIAMAMI AMORE

  

                 “E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, tra i morti abbandonati nelle piazze, sull'erba dura di ghiaccio, al lamento d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo?”. Così recitava un poesia di Salvatore Quasimodo.


Era il tempo dell’occupazione tedesca. Dopo circa settant’anni ecco ancora un uomo sensibile che lamenta la impossibilità di cantare, giacché la barca della speranza è volata in cielo, con i bambini che non hanno più voglia di giocare ed i ragazzi e le ragazze che a vent’anni stanno al mondo come fosse un porcile. La poesia di Vecchioni non è vera poesia, perchè non può esserci poesia in una canzonetta; né il festival di Sanremo è il luogo adatto per sparare metafore, quanto piuttosto intessere ritornelli facili per facili entusiasmi del popolo canzonettista. Ne sa qualcosa Luigi Tenco, che ha avuto l’ardire di presentare nella città dei fiori “Ciao amore, ciao” e ci ha rimesso le penne in una notte fredda, trafiggendo non solo il suo cuore, ma anche quello di tutti coloro che lo avevano amato e capito.


È proprio il ricordo di quella tristissima notte che ha consigliato a Roberto Vecchioni un refrain che non è un addio, ma un invito ad essere chiamato sempre amore, anche quando restasse un solo uomo con ancora una briciola di umanità. Nonostante tanti “stanno uccidendo il pensiero”, non solo “il bastardo che sta sempre al sole” ma anche “il vigliacco che nasconde il cuore” e finge di non accorgersi che la finzione stia mangiandosi l’uomo e la sua memoria. A quanti saranno fischiate le orecchie, nell’ascoltare una canzone così bella, per quanto cruda e per certi versi perfino crudele.

Quasimodo finiva la sua poesia inimitabile così: “Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento”, non lasciandosi perciò neanche un filo di speranza. Tenco mise fine alla sua rivolta morale con un gesto anarcoide ed autodistruttivo. Vecchioni invece, non lancia uno sputo contro questa società corrotta, perché “le idee sono come farfalle… le idee sono come le stelle che non le spengono i temporali… e sono come il sorriso di Dio”. Vale perciò la pena di battersi ancora, “per tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero…così belli a gridare nelle piazze”.

Hai proprio ragione Roberto, aristocratico cantante kantiano,  “perché questa maledetta notte dovrà pur finire”.

 

 

 
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