Una volta l’avverbio “assolutamente” era confermativo della domanda e il suo significato si capiva dal contesto. Ad esempio: “Sei convinto di quello che dici?”. “Assolutamente”. Oppure era disconfermativo dell’azione: “Non hai chiesto tu quel lavoro?” “Assolutamente”. Ma vi erano altre varianti: “Hai spedito la lettera?”. “Certo!”; oppure “Naturalmente”. E tutto questo dimostrava la versatilità della nostra lingua. Oggi quella ricchezza non esiste più e va di moda il conformismo espressivo. Ad ogni domanda si risponde immancabilmente “Assolutamente sì”, oppure “assolutamente no”, senza alcuna spontaneità espressiva. La televisione decide e l’uomo pappagalleggia. Ma non è solo questa espressione a soffrire il mal della pecora. Una volta per affermare che il fiume aveva superato gli argini si diceva, alternativamente, “ha trasbordato” o “tracimato” o “straripato” o “inondato” o “traboccato” o “debordato” ed altre espressioni simili. Ora ci basta il solo verbo “esondare”, che fa riferimento ad un onda che quasi mai è presente in un fiume. I sindacati, da parte loro, per dimostrare originalità, hanno scoperto anni fa il termine “sinergia” e lo presentano in tutte le pietanze, perché fa tanto chic. Via quindi gli antichi termini solidaristici: unità, collaborazione, cooperazione, condivisione, compartecipazione. Ancora, un tempo si diceva quel lavoratore è efficiente. Ora si dice, senza meno, “efficace ed efficiente”, per giustificare all’occorrenza gli sfaticati che se non sono efficienti, sono almeno efficaci, cioè non hanno fatto il massimo ma va bene lo stesso. E a nessuna mansione viene data una sola denominazione, ma si aggiunge sempre un aggettivo. Operatore ecologico(il netturbino); collaboratore amministrativo(il vecchio bidello), assistente amministrativo(l’applicato), direttore in SGA, cioè dei Servizi Generali ed Amministrativi(il segretario); dirigente scolastico(il preside). Magari si è pagati male, ma quel nome fa davvero impressione. Non vi pare? “Assolutamente sì!”